Mimesi

Il mondo contemporaneo ci fa costruire un’immagine digitale, da mettere in una vetrina per il mondo e sul mondo. La maschera utilizzata nella serie fotografica veniva indossata esclusivamente dalle donne a tra il XVII e il XVIII secolo. La moretta, questo il suo nome,  era una piccola maschera in velluto nero. La cosa più curiosa di questo travestimento era che non fosse dotata di bocca: non permetteva di proferire alcuna parola. Veniva infatti tenuta aderente al viso mordendo un bottone al suo interno. Da questa peculiarità ha origine il suo secondo nome: la muta. Divenne molto popolare proprio per questo suo aspetto. Il travestimento offerto rendeva estremamente seducenti e desiderabili. Nella serie fotografica Mimesi, il vuoto che la maschera crea, simboleggia la necessità di ognuno di avere una realtà sociale, differente da quella sintetica dei social. Infatti l’immagine artefatta, seppur necessaria, ci costringe ad una nuova forma di solitudine e di lontananza (distanza) sociale. Il vuoto cromatico che la maschera crea, vuole rappresentare la finta immagine che proiettiamo verso l’esterno.